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I libri, loro non ti abbandonano mai. Tu sicuramente li abbandoni di tanto in tanto, i libri, magari li tradisci anche, loro invece non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sullo scaffale. AMOS OZ

venerdì 9 dicembre 2011

Il deserto dei tartari


Questa recensione l'ha sritta il mio collega Domenico:

Autore Dino Buzzati
Titolo Il deserto dei Tartari
Editore Mondadori
Collana Oscar classici moderni
Prezzo 9,00
"Mi aspettavo un romanzo lento come un turno di guardia: una caserma o un forte, polvere accecante, marce, uniformi logore, lunghe attese, garitte e filo spinato, un mondo kafkiano nel suo vuoto di senso. Invece ho scoperto un romanzo che parla di me, delle mie sconfitte, delle mie battute a vuoto, ho scoperto nel protagonista Giovanno Drogo non tanto l'ufficiale, il vice comandante di un forte di frontiera, ma un'esistenza che non trova il suo sbocco, un'ambizione e un desiderio di vita che incocciano contro il caso, gli errori di valutazione, i malintesi, e contro una forza finemente diffusa che fa pensare ad una volontà superiore che impone altro rispetto a quanto umanamente auspicabile.
Il protagonista così vede sfuggire il tempo, prima come una piccola perdita insignificante da una grande cisterna, poi come un fiume sempre più imponente da una vasca che appare sempre più piccola, fino a diventare un catino vuoto e gocciolante.
Mentre il mondo, i suoi vecchi amici, corrono e vincono acquisendo meriti, onori, ricchezza, rispetto, una vecchiaia tranquilla e piena di ricordi appaganti, Giovanni insegue un'idea, un sogno che potrebbe dare a lui gli stessi onori e forse più, ma nonostante sacrifichi tutto a questo sogno, non arriva a conretizzare nulla, il sogno diventa un p' alla vota utopia e pazzia, una fantasia da nascondere con vergogna e da derubricare ad un semplice scherzo tra amici, anzi ad una cosa tra sè e sè.
Il Deserto dei Tartari è un romanzo che parla di tutti; i protagonisti sono dei militari ma si tratta solo di un espediente narrativo, in realtà non c'è davvero differenza tra combattente e civile, tutti combattono, il soldato pensa che il nemico sia quello con la divisa del nemico, il civile invece può credere, per il fatto di non essere un militare, di non combattere. Entrambi si sbagliano. Solo smettendo di combattere, liberandosi dei doveri imposti da un ruolo, ci si può avviare verso la verità.
Alla fine dei suoi giorni, sconfitto e tradito, scoprirà che la grandezza può trovarsi anche nelle cose invisibili e ignote al resto degli uomini, che la vittoria si raggiunge solo al fondo di un fallimento accettato, che la pace è un fatto personale che si raggiunge da soli, in se stessi."

5 commenti:

  1. Non ho letto questo libro, ma sembra interessante!
    Ciao!

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  2. Una lettura di tanti anni fà, ma che ricordo sempre con piacere!

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  3. Letto, molti anni fa... ringrazia il tuo amico per la recensione, credo che lo rileggerò. Sicuramente con occhi diversi.

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  4. Sono tornato giovincello leggendo il titolo. L'acquistai pensando a battaglie e stragi, invece... Attese non comprese forse per la tenera età. Buttato come gli altri dopo che non stavano più sotto il letto. Mai prestati i libri, non tornano più.

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  5. la pace o la guerra sono stati di coscienza---

    Buzzati, mio autore preferito, raccontò che l'idea del "Deserto dei Tartari" nacque nella vita quotidiana delal redazione del "Corriere della Sera" dove assisteva alla corsa "alla carriera" da parte dei colleghi---

    mi pare che la parte migliore di quel romanzo sia l'incontro con la morte, nelle ultime pagine, quando la dignità dell'Uomo, fuori dalla "etichetta" / ruolo sociale, si consegna con un sorriso ad una dimensione che non è da combattere ma solo da accettare perchè naturale per ciascun nato

    S

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